Ieri come oggi: ricostruiremo la nostra Università

«Venne la terribile estate 1943» è un’introduzione più che significativa. 

Non possiamo trovare, infatti, momento più vicino di quello che stiamo vivendo a quello che ci viene raccontato da Armida Barelli in queste pagine (scheda 7). Tutta l’Italia, esattamente come all’epoca, si trova infatti, oggi come ieri, in una condizione di innegabile difficoltà. Molto di ciò che si era costruito nel passato con sudore e sacrificio per il futuro, è ora instabile, se non addirittura distrutto.

Questa volta non si tratta di bombardamenti, ma si può facilmente comprendere lo sconforto provato da Armida Barelli, dalla Gioventù Femminile di Azione Cattolica, e non solo, di fronte a quei detriti. Risulterebbe più difficile, invece, senza immagini alla mano, proiettare quegli stessi detriti a sostituzione dei grandi edifici in Via Necchi e Largo Agostino Gemelli. Risulterebbe più difficile concepire le macerie, il fuoco e la polvere al posto delle grandi strutture presso le quali abbiamo passato la maggioranza delle nostre ore universitarie e non solo, seppur, molti di noi, non hanno avuto ancora occasione di rivedere quelle stesse mura, da mesi.

«(…) nello spazio di poche terribili ore, hanno furiosamente distrutto un mirabile prezioso lavoro di un venticinquennio» scriveva ad Armida Barelli il Cardinal Maglione all’inizio della terza settimana di settembre.

Erano state lasciate numerose ferite a Milano in quei giorni, non solo economico-materiali, ma anche culturali. L’Università Cattolica del Sacro Cuore, all’epoca “letteralmente” a terra, era stata una di quelle. Compressi sotto i detriti di quegli edifici, consumati dalle fiamme, stavano infatti anche tutti i testi che fino a quel momento erano stati pubblicati. Gli stessi testi che erano nati come primo strumento e veicolo per la promozione della conoscenza, come suo fondamento.

Eppure, nonostante tutto, la volontà di rialzarsi, di ricostruire e di continuare lungo la strada che si era imboccati con tanta mirabile tenacia, c’era e non tardò a farsi sentire. Una voce che non fu singola, che non fu limitata alla sola Armida Barelli e/o coloro che avevano pregato con il cuore durante la giornata dell’Assunta, ma che arrivò anche da tanti altri, da fuori la stessa Milano: «Abbiamo sofferto come fosse stata distrutta la nostra casa. Ricostruiremo la nostra Università». Gran parte di coloro che avevano appreso della tragica vicenda alla radio, si sentì in dovere, anzi voleva, contribuire e supportare una “rinascita”.

Si era formata una comunità che andava oltre le pareti mattonate delle varie strutture, in quel momento pericolanti. Era una comunità desiderosa di ripartire, esattamente come la nostra in questi anni difficili, e come possiamo osservare, o potremmo osservare una volta tornati a Milano, i loro sacrifici ed il loro impegno erano stati premiati, nuovamente. È questo un esempio significativo di come e quanto la tenacia di fronte alla difficoltà possa ripagare. La dedizione manifestata da Armida Barelli e dai suoi colleghi nei confronti di un progetto, supportata da una sincera devozione a Dio, nonostante la difficoltà, dimostra che “insieme” e “non perdendosi d’animo” si potrà “ricominciare”: cioè fare ciò che come nazione stiamo aspirando di poter fare il prima possibile, nonostante le insicurezze, a cento anni dalla fondazione di questa università…. Un’università che si è ingrandita ed ha accolto sempre più studenti, come me… E che immagino non veda l’ora di accoglierne molti altri ancora, ovviamente in sicurezza.

Angelica Napoli