Armida e le sette virtù

Armida e le sette virtù

Durante gli anni del secondo conflitto mondiale l’Università venne in parte distrutta. Era la notte del 15 agosto 1943, una bomba dirompente aveva distrutto il palazzo degli uffici dell’Ateneo, il Rettorato, la Segreteria, gli Uffici di Amministrazione, l’Ufficio di Propaganda e Amici. Nella notte successiva altre bombe fecero crollare l’Atrio e la Scala d’onore dell’Università, l’aula Pio XI, l’angolo di uno dei meravigliosi chiostri del Bramante, il Seminario giuridico e altre parti lesionando la Cappella del Sacro Cuore. La radio annunciò due volte i gravi danni apportati all’Ateneo e da ogni parte d’Italia arrivarono telegrammi, lettere, telefonate, aiuti perché l’Università era vissuta da tutti gli italiani come “la nostra casa”. Nessuno si perse d’animo, ma la certezza era “ricostruiremo più bella la nostra università”. Anche il Papa rispose alle notizie della distruzione dell’Ateneo “…non dubiti che, per la bontà del Signore, dalle macerie di piazza Sant’Ambrogio la cara Università del Sacro Cuore risorgerà non meno viva e bella di prima, con la corona di tutte le sue geniali attività, gloria e decoro della Chiesa e d’Italia”. Guidati dal coraggio e dall’ardimento del Rettore, padre Agostino Gemelli, non ancora terminata la guerra, con immensa fiducia nel Sacro Cuore iniziò la ricostruzione dell’Università Cattolica che ancora oggi risplende in tutta la sua magnificenza

Scheda 7 (pag. 347-349 e 354-355)


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