“Impossibile? Allora si farà”

La ricorrenza del centenario dell’Università Cattolica cade in un anno segnato profondamente dagli effetti devastanti della crisi pandemica in Italia e nel mondo e che ci ha molto provato. Anche se su piani diversi, allora come oggi le difficoltà non mancarono.  

La fondazione della nostra università, infatti, è frutto di determinazione e resilienza, valori che furono necessari, allora, per superare vicende non meno drammatiche di quelle odierne.

In pochi però conoscono i retroscena dell’attuale prestigio accademico e scientifico della nostra università. Dietro ai fasti di oggi si cela una storia straordinaria, una storia resa possibile grazie all’impegno e alla determinazione dei fondatori, cui deve andare la nostra riconoscenza. Tra loro si ricordano Padre Agostino Gemelli, mons. F. Olgiati, V. Necchi. Non meno significativo fu il contributo offerto dalla fede e dalla tenacia di una donna straordinaria: Armida Barelli.

Armida è stata una delle donne più influenti del primo ‘900 italiano. Nel 1914 promuove la consacrazione dell’Esercito Italiano al Sacro Cuore di Gesù. Attenta alle sofferenze fisiche, psicologiche e morali che la Grande Guerra aveva causato ai giovani soldati, dona loro una luce di speranza. Con coraggio, in una società in cui dilaga la secolarizzazione e il positivismo, nel 1917 accetta l’incarico di fondare l’Azione cattolica femminile milanese, poi estesa in tutta Italia, al fine di mobilitare le giovani donne ad una presa di consapevolezza della loro dignità e ruolo sociale.

Il suo è un impegno alla formazione delle donne sul piano culturale, umano e cristiano. 

Il suo impegno civile, politico e religioso non viene scalfito dalla sua salute cagionevole, né dagli oberanti incarichi che le vengono affidati, tanto che sarà lei stessa a convincere padre Gemelli, a dar vita ad un’università cattolica, progetto lungamente desiderato ma ritenuto troppo prematuro, soprattutto a causa del forte clima di scristianizzazione del tempo. 

L’idea era ambiziosa e non risparmiò ad Armida mille difficoltà: le reticenze di molti scoraggiavano la nascita dell’università e tanti furono i rifiuti e le delusioni in particolar modo da parte delle autorità ecclesiastiche. La mancanza delle necessarie risorse economiche per acquistare la prima sede e successivamente per ricostruire l’università bombardata durante la seconda guerra mondiale, sono solo alcuni dei momenti più critici della vita del nostro Ateneo. Spesso sarebbe stato più semplice (e forse anche più ragionevole) desistere da questo sogno impossibile ma fu grazie alla profonda fede e alla ostinazione della Barelli che l’università seppe rialzarsi ogni volta. Una fede consapevole che riuscii a trasmettere a tutti i membri del comitato promotore e ai collaboratori. L’intraprendenza e la costanza di chi non si arrende mai.

La visione francescana del futuro Rettore, padre Gemelli, è il punto di incontro con Armida per la costituzione dell’Università Cattolica: “non più la scienza per la scienza o la cultura per la cultura, ma la scienza e la cultura per la religione”, “Tradurre la scienza in virtù per far sparire il dissidio tra scienza e fede”.

A favore dell’Ateneo svolge per lunghi anni il ruolo di “cassiera” dando vita anche all’associazione degli Amici dell’università Cattolica, un’operazione inedita che permetterà la costruzione, intorno all’università, di una rete capillare di persone che amano l’Ateneo del Sacro Cuore. Ne segue lo sviluppo e i progressi attraverso la “rivista degli amici”. 

Anima, inoltre, la giornata universitaria, istituita da Pio XI, dietro sua insistenza, al fine di raccogliere annualmente delle offerte per il sostegno economico della neonata università.

Significativa è l’intitolazione dell’Università al Sacro Cuore di Gesù, cui la Barelli era devota fin da giovane. Questa particolare devozione l’aveva accompagnata nei piccoli e grandi passi della sua vita, senza mai deluderla. Lei crede nel Sacro Cuore e si affida in ogni momento. La Fede è stata per la Barelli, grazia e una virtù fondamentale, senza mai degradare in “fideismo rassegnato” o devozione da bigotta. 

Era una fede consapevole della presenza Viva e vicina di Dio, illuminata: “Se il Sacro Cuore ci darà la grazia, vorrà dire che saremo noi a dover portare avanti l’Università Cattolica, altrimenti sarà tutto finito e non dovremmo ostinarci” diceva in una delle sue numerose invocazioni, ricevendo puntuale risposta. L’affidamento di Armida al Sacro Cuore fu eroico perché seppe sopportare dolori, amarezze, incomprensioni che lei accettava in silenzio, e offriva, soprattutto quando provenivano da persone ed organismi religiosi. 

Sul modello francescano, la Barelli accetta e non discute mai ciò che le si presenta come volontà di Dio. Lei ama la Chiesa, ma è paziente, attende e spera, riprova, senza mai darsi per vinta, anche dinanzi ai rifiuti del Papa.

Armida è una donna di preghiera e contemplazione, di relazioni e amicizie serie, che coltiverà per tutta la vita. Aveva una “originale personalità” come scrive di lei padre Gemelli. “Era inconfondibile: la freschezza dello spirito, l’ingegno intuitivo e pronto, la capacità di organizzare e attuare il programma lavorativo stabilito (…), l’essere sempre con il sorriso e il suo spirito accogliente per tutti, specie per i più umili erano le note della sua originale personalità”.

Armida è una donna di estrema attualità, un esempio vivo da seguire anche oggi. Ella non nacque eccezionalmente virtuosa, ma lo divenne. 

Come dimostra la sua vita, la vicinanza con Dio non è sinonimo di assenza di prove o sofferenza. Ha scelto strade che mai aveva pensato di poter percorrere affrontando, nel contempo, non poche crisi spirituali. 

Emblematica è l’espressione di una laica consacrata a Dio appartenente all’Istituto secolare delle missionarie della regalità di Cristo, fondato dalla “Sorella maggiore” insieme a padre Gemelli, che dice di Armida: “conoscendola, si percepisce che è una donna viva e presente, la santa della porta accanto”.

La Barelli, infatti, ha incontrato la santità quotidianamente, in tutto ciò che faceva. Ha vissuto il Vangelo alla lettera, dedicandosi ai piccoli abbandonati nei quartieri malfamati di Milano e in generale ai più bisognosi. La sua vita è una storia di cammino umano e cristiano che rimanda alla storia di ognuno di noi. Il suo è un percorso tortuoso che l’ha vista scontrarsi con illustri personaggi del tempo, cristiani e non, ma che ha saputo affrontare anche con la capacità di ritornare sui suoi passi. 

Alla fine della II guerra mondiale la Barelli si adopera con tutte le sue forze al fine di sensibilizzare e preparare le donne ad esercitare con coerenza il diritto al voto, appena riconosciuto, allo scopo di garantire all’Italia un futuro democratico. Per Armida la “campagna” compiuta per amor di patria, fu l’estrema donazione perché alla fine delle enormi fatiche di quel periodo si manifestarono i primi sintomi della paralisi bulbare che la porterà alla morte.

Scriverà padre Gemelli “invano, le pregavo di avere compassione di se stessa”. 

Questa donna, apparentemente fragile per la salute cagionevole, seppe trarre da sé energie tali da farle compiere, per impulso della Grazia, azioni straordinarie. 

Oggi la sua figura si erge luminosa fra due secoli, due ere della civiltà della donna: l’era della sottomissione più o meno incondizionata e l’era dell’autonomia economica e giuridica. 

La sua viene definita pertanto una “santità profetica”, alimentata certamente nella fede, ma che ha portato frutto in molteplici e diversi aspetti: l’impegno civile e culturale, la valorizzazione del genio femminile, la salvaguardia dei valori morali e democratici.

Per capire come orientare al meglio, sul suo esempio, le nostre vite, prendo in prestito le parole utilizzate da S.E. Mons. Claudio Giuliodori, Assistente ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica che dice:

La testimonianza della determinazione della Barelli, Padre Gemelli e dei loro collaboratori dinanzi alle difficili vicende correlate alla nascita del nostro Ateneo, ci incoraggia a fare nostro lo stesso spirito di fiducioso affidamento a Colui da cui dipende la storia e la vita della nostra istituzione. In questo momento di apprensione per un futuro che appare incerto e complesso, ricordiamoci di mettere anche noi tutto nelle mani del Signore dicendo: “Sacro Cuore, Mi fido di Te”, come faceva Armida Barelli. Non è una semplice espressione devozionale bensì un fermento formidabile di attività e impegno che nobilita l’intelligenza e riscalda il cuore. Quanto più si è uniti al Sacro Cuore, tanto più si deve essere operativi e mettere a frutto i doni ricevuti. Soprattutto come Università Cattolica abbiamo il particolare compito di essere generatori di speranza per le nuove generazioni, contribuendo alla costruzione di una società aperta e solidale, inclusiva e sostenibile, equa e virtuosa.

Come ha ricordato più volte recentemente anche Papa Francesco, ci sono tante altre diverse e più devastanti pandemie che attendono di essere combattute e superate: fame, ingiustizie, sfruttamento, inquinamento, per citarne alcune. Ed è verso questi fronti che deve rivolgersi il nostro impegno, la nostra opera, perché “una fede che non diventa cultura, – come diceva San Giovanni Paolo II – non è pienamente accolta, pienamente pensata, pienamente vissuta”.

Angelica Pedone