Università Cattolica del Sacro Cuore: le origini tra scienza e fede

Arduo compito definire in poche righe la straordinaria figura di Armida Barelli. Una costante però, emerge in ogni sua testimonianza o biografia: la sua fede incrollabile, motore della sua vita, che l’ha portata ad essere un’attivista in tantissimi ambiti, non solo a livello ecclesiale. Armida è l’anima dell’Università Cattolica, ciò che ha permesso la sua fondazione. Ed è proprio grazie alla sua profonda fiducia nel “Sacro Cuore di Gesù”, che si deve tale agognata intitolazione (scheda 3)

Invero, l’università, già nascente tra mille difficoltà soprattutto economiche, non risparmiò ad Armida la contrarietà da parte di tutta l’opinione pubblica, finanche clericale, a suddetta intestazione. La miracolosa offerta con cui si riuscì a comprare la prima sede dell’Università, valse a piegare dapprima la volontà di Padre Gemelli che, ancora titubante, grazie alla Barelli si avvicinava ad una conversione sempre più intima al S. Cuore. Ciò che sorprese Armida fu che i primi a respingere la dedicazione al Sacro Cuore erano proprio persone vicine alla Chiesa. Lo stesso Cardinal Ferrari, impaurito dalla possibile svalorizzazione della nuova Università, consigliò di sentire il pensiero di Papa Benedetto XV, che inizialmente non risparmiò i suoi dubbi. Anche per questo la fondazione dell’Università Cattolica è un evento eccezionale: riuscirà a farsi spazio in un’epoca turbolenta, quella degli anni ’20 del ‘900, in circostanze ostili ai cattolici, negli anni dell’ascesa del fascismo e di un’Italia prostrata dalla prima guerra mondiale. Ma perché proprio il Sacro Cuore? La Barelli fin da piccola, aveva le idee chiare: dedicare la sua vita al Signore donandosi operosamente agli altri: o nella sua futura famiglia, che sognava numerosa, oppure addirittura in un altro continente, come missionaria. Fu per caso, grazie ad un’amica conosciuta nel collegio svizzero che frequentò da giovane, che si accostò alla devozione del Sacro Cuore di Gesù: da quel momento mai se ne separò, mai dubitò, riuscendo ad affrontare tutti gli impedimenti che costellarono costantemente la sua vita. 

Quali le motivazioni che hanno spinto il frate francescano Agostino Gemelli a superare tutte le ingenti difficoltà previe alla fondazione? Nell’individuare il nucleo della tematica che andava affrontata e risolta, appariva evidente l’importanza del contesto europeo nel quale esso si collocava. Per tutto l’Ottocento l’influsso delle riforme napoleoniche, il contributo culturale del positivismo e dello scientismo, figli maggiori dell’Illuminismo settecentesco, avevano di fatto incrinato e dissolto l’idea dell’unità del sapere, negato la possibilità di coesistenza fra scienza e fede, e combattuto ogni forma di studio, di ricerca e di insegnamento che non fosse armonica a una concezione della società e della cultura centrata su una visione del mondo molto specifica e peculiare. Visione che, pur senza essere dichiaratamente atea, proponeva approcci e contenuti meccanicistici e scientisti, riconducibili ai pochi principi fondamentali forniti dalla scienza sperimentale. Non si vuole qui banalizzare il giudizio su una situazione culturale, quale quella ottocentesca, molto ricca di fermenti e naturalmente non tutta riconducibile a un’unica visione del mondo. Ma soltanto registrare gli elementi principali di una “temperie culturale che esaltava il metodo scientifico come l’unico capace di correttamente impostare e risolvere i problemi che impegnano l’umanità e vede nella realtà materiale il livello originario cui vanno ridotti gli altri momenti, cosiddetti superiori”. L’Università Cattolica del Sacro Cuore nacque dal desiderio consapevole di realizzare un obiettivo insieme religioso, apologetico, culturale, metodologico: il ritorno all’unità medioevale del sapere, attraverso un nuovo rapporto armonico fra fede e scienza che garantisse insieme la sicurezza dell’ortodossia e la libertà della ricerca scientifica. Si può affermare che fosse questa in Gemelli una convinzione pressoché assoluta e indiscutibile, frutto anche della sua storia personale e dell’elaborazione intellettuale che lo portò alla conversione. 

Dall’inizio del XX secolo, con la diffusione del socialismo, si creò in Italia una fitta rete di “università popolari” aventi lo scopo di diffondere l’istruzione e la cultura, elementi di stimolo per una piena cittadinanza politica e culturale. La prima importante apertura alle università private fu realizzata con una legge del 1902 che elevò a rango di università, con diritto a conferire lauree, la Scuola di studi commerciali Luigi Bocconi di Milano. Un simile riconoscimento venne conferito nel 1922 all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La riforma Gentile del 1923 garantì alla religione cattolica ampio, ma circoscritto, spazio nella scuola elementare come momento indispensabile alla maturazione del fanciullo. L’insegnamento religioso in tutte le scuole secondarie fu trasformato in materia facoltativa, da impartirsi direttamente dalle autorità ecclesiastiche attraverso loro incaricati, sebbene a certe condizioni e su esplicita richiesta delle famiglie. Una volta superato lo scoglio del tradizionale laicismo o di una ideologizzazione della laicità sul modello francese, divenne più facile superare anche quello della libertà scolastica senza venir meno al presupposto della centralità dello Stato. Gentile risolse il problema del rapporto tra società civile e Stato con la radicale accentuazione del carattere etico di quest’ultimo, in modo peraltro da non rendere incompatibile nemmeno una collaborazione fra istituzioni statali e istituzioni non statali. Di questo seppe giovarsi l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano che ottenne il riconoscimento giuridico dei propri titoli di studio il 2 ottobre 1924. Infatti, l’ordinamento accademico originario prevedeva due percorsi formativi: la facoltà di Filosofia, finalizzata a ripensare criticamente le correnti filosofiche contemporanee e diretta a predisporre il rinnovamento del corpo docente italiano, e la facoltà di Scienze sociali, volta a dare spazio alle scienze economico-sociali. Nel progetto da cui è scaturita l’Università dei cattolici italiani si può dunque individuare una sinergia alimentata da due tipi di specializzazione, perché l’uno doveva conferire fondamento filosofico alle acquisizioni conseguite dall’altro sul terreno sociale. I principi enucleati dal magistero andavano declinati in un sapere scientifico che radicasse l’operosità cattolica in un sostrato di analisi e di conoscenze rigoroso e verificato, cui Gemelli, abituato a confrontarsi con l’analisi sperimentale, teneva particolarmente.

In gioco c’era il riconoscimento giuridico, a sua volta ritenuto indispensabile per far sì che l’ateneo potesse formare la classe dirigente del paese. In applicazione della riforma Gentile, nel 1924 la Cattolica era riconosciuta dallo Stato come università libera, retta da un proprio statuto, con il diritto di rilasciare titoli con valore legale.

Secondo San Tommaso d’Aquino, la teologia e la religione entrano in gioco quando la scienza non è in grado di spiegare ciò che accade nel mondo. E anche se la conoscenza della scienza progredisce velocemente mentre la religione ha dei concetti che rimangono fissi e immutabili nel tempo, oggi siamo ben lontani dallo spiegare cosa sia e come funziona l’universo. Probabilmente l’uomo non sarà mai in grado di svelare il meccanismo che muove il cosmo perché, come disse Galileo Galilei, «l’intenzione dello Spirito Santo è d’insegnare come si vada in Cielo e non come vada il cielo».

Marica Cuppari
Francesca Di Pasquale
Angelica Pedone