Marzio: una giornata con Armida Barelli

La giornata di sabato 8 maggio è stata davvero particolare. Un gruppo di collegiali del Paolo VI sono partite da Milano per raggiungere la casa estiva di Armida Barelli. Era la prima gita ufficiale dopo la pandemia: 2 pullman di 30 posti, perché, pur essendo in 25, si doveva rispettare il distanziamento! Sono partite la mattina e si sono dirette a Marzio: un paese a circa 800 metri di altezza, situato fra la Valganna e la Valceresio, in cima al Passo dell’Alpe Tedesca, che sorge su un soleggiato balcone morenico affacciato sul Lago Ceresio e sulle terre svizzere. Villa San Francesco, tornata al suo originario splendore, dopo la restaurazione del 2015, era la dimora estiva della famiglia Barelli, dove Armida morì il 15 agosto 1952. La sua stanza da letto è stata recuperata nei minimi dettagli ed è stata ricollocata nella sede originaria la cappella, proprio sotto la camera, dove la donna trascorreva le sue ore di adorazione del Sacro Cuore. 

Che cosa rappresentava Marzio per Armida Barelli? Marzio era il luogo della sua presenza e il luogo dove ancora oggi si percepisce il suo esserci. I luoghi non sono semplicemente “palcoscenici” su cui si svolge la vicenda umana delle persone, ma sono parte integrante di essa, la accolgono e la nutrono, ne influenzano lo svolgimento, le offrono il grembo in cui crescere. Marzio è stato per Ida il luogo in cui: ha rafforzato il suo legame con la madre riuscendo, a poco a poco, a coinvolgerla nelle sue attività apostoliche; ha sostato per recuperare le energie fisiche minate da diverse malattie anche serie; ha lavorato, instancabile come sempre; ha coltivato rapporti di amicizie profonde e vere; ha vissuto momenti di dolore e di prova legati alle vicende della sua famiglia spirituale ma anche alle vicende del Paese; ha pregato: “la villa S. Francesco –scriveva don Luigi Curti, parroco di Marzio– non era solo il laboratorio instancabile che faceva funzionare le opere di Armida Barelli, ma era anche il Tabor dove poteva ricuperare i vuoti di preghiera di Milano.”; da qui Armida è “partita per il cielo”. 

Ad accogliere le collegiali c’era Maddalena Colli, una consacrata laica dell’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo. Le ragazze si sono messe subito in ascolto della sua testimonianza sulla figura di Armida Barelli.  Hanno compreso che la vita di Armida era la storia di un cammino umano e cristiano che ha avuto i suoi alti e bassi e che la sua vocazione le si era rivelata in progressione; Armida non era nata santa, come nessuna di noi, ma ha vissuto una santità della porta accanto – come dice papa Francesco – possibile a tutti, perché imbevuta di quotidianità. Ciò che è rimasto impresso alle giovani universitarie è stato il ritrovare in questa figura aspetti e caratteristiche profondamente umane che la rendono a loro avvicinabile, una sorella più grande:

  • una donna e figlia vissuta in una famiglia normale che le ha dato il meglio;
  • una persona fragile nella salute, amante della bellezza e della vita;
  • non era cristiana, perché la sua famiglia non lo era, ma ad un certo punto della vita ha fatto le sue scelte come credente e discepola;
  • ha vissuto la crisi come tutti: prima per la morte del padre che non era tornato alla fede, poi per i fratelli, poi per il fallimento della ditta, la morte di persone care, la distruzione della sua casa a Milano;
  • una donna di relazioni vere, di autentica amicizia: dentro queste relazioni era cresciuta e maturata fin dai tempi del collegio svizzero di Menzingen;
  • possedeva grandi doti organizzative e creatività e aveva trovato persone che sapevano riconoscere le sue qualità e le davano fiducia;
  • una persona capace di mettersi in discussione e di ricominciare sempre;
  • una donna indipendente e intraprendente, capace di sognare in grande. 

Sicuramente il messaggio più forte di Armida riguardava la sua spiritualità che è ben racchiusa nell’immagine del Sacro Cuore, che fu per lei non tanto una devozione, ma un punto di contatto perenne con Dio percepito come amore assoluto. Il cuore trafitto di Gesù era il varco misterioso che la introduceva nelle stanze “segrete” del Re dove tutto per lei diveniva possibile. Ecco la fonte della sua fiducia totale in Dio, tanto da non temere più niente, perché Dio è con noi e ci ama. 

Dopo aver visitato la casa di Armida, le studentesse si sono messe in cammino. Marzio è punto di partenza per varie escursioni: attraverso una bella passeggiata hanno raggiunto il primo e secondo Belvedere, dove hanno potuto consumare il pranzo al sacco e godere di una giornata di sole e di libertà. Il silenzio della natura, il verde che avvolge questo luogo, i monti che si scorgono in lontananza, quasi naturalmente sono stati un invito per le Paoline a sostare in un ascolto intenso e profondo. Questo luogo ancora oggi parla al cuore di una vita spesa e donata con generosità e in letizia, e ha risvegliato in tutte le partecipanti desideri profondi e sogni grandi. 

Sr. Sara Ghiglioni